Grazie ad una maggiore consapevolezza ambientale tra i clienti, il mercato dei prodotti basati su materie prime rinnovabili è in crescita. E questa coscienza ambientale da parte dei clienti è la ragione per la quale c’è bisogno di una garanzia indipendente e di alta qualità della rinnovabilità delle materie prime.
Le bioplastiche stanno guidando l’evoluzione della plastica. Ci sono due grandi vantaggi dei prodotti plastici biobased rispetto alle loro versioni convenzionali: risparmiano risorse fossili usando la biomassa che si rigenera (annualmente) e forniscono il potenziale unico della neutralità del carbonio. Inoltre, la biodegradabilità è una proprietà aggiuntiva di certi tipi di bioplastiche.
Nel settore dell’usa-e-getta i materiali bio-based trovano il loro impiego “naturale” per le loro caratteristiche di biodegradabilità, anche grazie a normative sempre più restrittive verso la plastica. Si tratta di manufatti dalla vita breve e avviabili al riciclo qualora siano disponibili le filiere che sono necessarie. Per quelle applicazioni in cui la confezione vive in simbiosi con l’alimento, il materiale bio-based biodegradabile è poi la scelta migliore.
FONTE: Anna Pellizzari e Emilio Genovesi, Neomateriali 2.0 nell’economia circolare, Edizioni Ambiente, Milano, 2021
L’uso di sostanze ausiliarie, come solventi e agenti di separazione, deve essere evitato o limitato il più possibile; se usati, devono essere innocui.
FONTE: Paul Anastas e John Warner, Green Chemistry: Theory and Practice, Oxford University Press Inc, Oxford, 2000
L’iniziativa ECOBIOFOR (Ecopaint bio-based formulations), finanziata dall’UE, ha sviluppato nuovi solventi caratterizzati da tre peculiarità. Sono a base di risorse biologiche, sintetizzati secondo i principi della chimica ecosostenibile e vantano minori emissioni di composti organici. I tre solventi a base biologica, cioè bio-acetato di etile, bio-acetato di butile e bio-glicole butilenico, oltre al nuovo diluente reattivo ottenuto da oli vegetali, sviluppati nell’ambito del progetto, possono essere utilizzati in diverse applicazioni di rivestimento: il glicole per base acquosa e il resto per solvente, con l’obiettivo di sostituire i solventi attualmente in uso prodotti a partire dal petrolio. Ciò promuoverà una produzione e un consumo più sostenibili per il settore.
La bioceconomia è una teoria economica, sviluppata negli anni ’60 da N. Georgescu Roegen, che si basa sul concetto del limite biofisico di crescita in un sistema chiuso, come quello del nostro pianeta. Nella definizione della Commissione Europea è intesa, in senso pratico, come un’economia che usa le risorse biologiche rinnovabili, provenienti dalla terra e dal mare, così come i rifiuti, come input per la produzione energetica, industriale e alimentare.
La rinnovabilità va intesa in relazione alla quantità di risorse che si consuma, alla loro velocità di ricostruzione e alle esigenze umane di nuova reperibilità. Le risorse rinnovabili non si possono esaurire, ma bisogna valutare e non compromettere i meccanismi naturali che le generano. Un corretto criterio di valutazione deve tener conto anche dell’impatto ambientale della raccolta e della messa a disposizione di questa risorsa
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Il PRP – Polimero Riciclato Premium – è un polimero riciclato di qualità superiore con caratteristiche tali da renderlo in grado di sostituire in percentuali crescenti, all’interno dell’imballo, i polimeri 100% vergini.
Tramite questo processo è possibile dare sia una nuova vita a un materiale che chiunque vedrebbe come un rifiuto, ma oltre a questo l’obiettivo è dargli maggiore qualità. L’azione di rigenerare porta numerosi benefici. Ecco quali:
Un sistema di certificazione ambientale di prodotto dedicata ai materiali ed ai manufatti ottenuti dalla valorizzazione dei rifiuti plastici. Nasce dall’esigenza di rendere maggiormente visibili e più facilmente identificabili i beni in materie plastiche da riciclo che vengono destinati alle Pubbliche Amministrazioni e/o alle società a prevalente capitale pubblico, nonché alla GDO.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Il monopolimero rientra nelle nelle fasce contributive In vigore dall’1.1.2020 ed aggiornate al 26.11.2019. Esso può essere costituito da più strati diversi accoppiati tra loro, purché ogni strato sia composto dallo stesso polimero degli altri strati.
COREPLA, in base alle condizioni generali di contratto per l’avvio a recupero degli scarti derivanti dalle attività di gestione dei rifiuti di imballaggi in plastica, fa effettuare a terzi autorizzati la trasformazione in “Combustibile Alternativo” di rifiuti di imballaggi in plastica residui dal processo di selezione della raccolta differenziata urbana (PLASMIX).
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Il contenuto riciclato di un materiale viene definito a partire dalla sua origine: pre-consumo, ovvero proveniente da lavorazioni industriali precedenti l’immissione del prodotto sul mercato, e post-consumo, ovvero ricavato da beni, prodotti e imballaggi a fine vita. Il contenuto di pre-consumo non comprende quegli scarti di produzione che l’industria può riutilizzare al proprio interno, reimmettendoli nello stesso processo attraverso rilavorazione, rigranulazione o altro, ma riguarda solo quei contenuti che provengono da filiere produttive altre, e che sono deviati dal normale flusso dei rifiuti per produrre materiali diversi. Il contenuto post-consumo riguarda invece una vastissima gamma di prodotti e materiali già utilizzati e a fine vita che vengono, in tutto o in parte, riutilizzati come fonte di materia prima attraverso filiere consolidate.
FONTE: Anna Pellizzari e Emilio Genovesi, Neomateriali 2.0 nell’economia circolare, Edizioni Ambiente, Milano, 2021
Le MPS a matrice poliolefinica (HDPE, LDPE e PP) trovano vasto impiego nella realizzazione di manufatti per l’edilizia (tubi, interruttori, canaline, ecc), l’arredamento (componenti per sedie e mobili) l’automotive (vari componenti stampati), l’agricoltura (tubi per irrigazione, vasi) e in alcuni casi tornano a essere imballaggi (cassette e flaconi per detersivi e detergenza domestica, pallet).
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Le materia plastiche bio-based compostabili sono progettate per degradarsi in condizioni specifiche all’interno di impianti dedicati e non dovrebbero finire in discarica, dove potrebbero addirittura contribuire alla formazione di metano. Inoltre il consumatore, che deve occuparsi della separazione delle varie frazioni, non è esperto di polimeri. In una prospettiva di circolarità, quindi l’utilizzo di un materiale bio-based biodegradabile, compostabile o riciclabile è una scelta che va effettuata tenendo in considerazione l’intero ciclo di vita.
FONTE: Anna Pellizzari e Emilio Genovesi, Neomateriali 2.0 nell’economia circolare, Edizioni Ambiente, Milano, 2021
Le caratteristiche delle bioplastiche sono tali da consentirne la lavorazione tramite i normali impianti di trasformazione delle plastiche tradizionali. L’utilizzo di materiali compostabili per i prodotti a contatto col rifiuto organico – quali sacchi per la raccolta, stoviglie, capsule per caffè, imballaggi alimentari – consente di ottimizzare la raccolta migliorandone qualità e quantità.
FONTE: Anna Pellizzari e Emilio Genovesi, Neomateriali 2.0 nell’economia circolare, Edizioni Ambiente, Milano, 2021
La Commissione Europea, per aiutare a raggiungere gli obiettivi del green deal di minor consumo di risorse e minor impatto ambientale, sta sviluppando un’iniziativa sui prodotti sostenibili, tenendo in considerazione anche i seguenti punti:
L’ecodesign rappresenta la nuova frontiera del design: in futuro sarà impossibile progettare senza tenere conto del ciclo di vita completo dei prodotti. Grazie alla metodologia LCA (Life Cycle Assessment), potrà essere valutato l’intero ciclo di vita dei prodotti e come questi “interagiscono” con l’ambiente, comprendendo le fasi di preproduzione (origine dei materiali), produzione, distribuzione, uso e riuso, smaltimento finale.. Alla base della logica LCA c’è l’ottica di sistema che consente di comprendere e gestire la complessità della filiera, a monte e a valle del processo di produzione. Vengono quindi individuate le criticità nell’intero ciclo di vita del prodotto, per ipotizzare soluzioni volte al risparmio e al recupero di energia e materiali.
Un passo ulteriore è quello di diminuire anche gli imballaggi, di seguito alcuni spunti:
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Un primo passo può essere effettuato riducendo il contenuto di materiale in un prodotto. Le scelte da attuare sono:
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Vi sono principalmente due modalità di selezioni e può avvenire per materiale plastico e, eventualmente, per colore:
La combinazione delle due tipologie di detettori permette di separare gli oggetti per famiglia di materiale e, successivamente, nei casi in cui risulti vantaggioso per migliorare la qualità del materiale selezionato, per colori, a seconda dei flussi che si vogliono ottenere.
Il corretto funzionamento di queste fasi dipende pertanto dalla capacità dei detettori di riconoscere correttamente i prodotti post consumo sia in funzione del materiale sia in funzione del colore.
Sempre più spesso i prodotti in plastica di uso quotidiano contengono una percentuale consistente di plastica riciclata. La fase di classificazione dei riciclabili è diventata molto efficiente e garantisce un elevato grado di purezza. Tuttavia, quando si sviluppano nuovi prodotti a base di polimeri riciclati, spesso si utilizzano additivi in grado di aumentare caratteristiche specifiche per il loro impiego. Alcuni di questi additivi possono inibire lo spettro NIR (esempio il Nerofumo) rendendo il prodotto non identificabile ai sistemi di classificazione automatici e quindi accantonato come “non riciclabile”.
Rendere prioritariamente disassemblabili:
Allo stesso tempo:
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Rendere prioritariamente disassemblabili:
Allo stesso tempo:
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Secondo le stime, oltre l’80 % di tutti gli impatti ambientali connessi ai prodotti hanno origine nella fase di progettazione di un prodotto. In alcuni casi, i prodotti più leggeri possono risultare meno riciclabili a causa della loro struttura multistrato, che utilizza plastiche differenti per ottenere le stesse proprietà di un imballaggio monomateriale più spesso. Per affrontare tali problemi e rafforzare il contributo dei regimi di responsabilità estesa al raggiungimento dei valori-obiettivo di riciclaggio, questi devono prevedere:
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
La EPL (responsabilità legale estesa del produttore) incentiva i produttori a prevenire le responsabilità legali future progettando beni che alla fine del ciclo di vita abbiano ancora un valore elevato e comportino minime responsabilità legali. La EPL mette i produttori che vendono beni sullo stesso livello degli attori economici che vendono beni come servizio, mantenendo la proprietà e la responsabilità legale per gli oggetti e i materiali lungo l’intero ciclo di vita. I prodotti industriali sono progettati e realizzati da un attore economico, il cui nome o codice è spesso indicato sul prodotto stesso. Questo produttore sa come è stato costruito l’oggetto, sa quali materiali sono stati impiegati e sa come possono essere riutilizzati l’oggetto o i suoi componenti; controlla il valore aggiunto e le catene di distribuzione, fissa il prezzo di vendita e può internalizzare i costi di fine ciclo di vita nel prezzo del Punto vendita. A rigor di logica, i produttori sono dunque gli Ultimi proprietari legalmente responsabili (ULO) dei loro oggetti.
FONTE: Walter R. Stahel, Economia Circolare per tutti, Concetti per cittadini, politici e imprese, Edizioni Ambiente, Milano, 2019
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
La predictive maintenance (diversa dalla c.d. manutenzione predittiva) è una strategia di approccio alla manutenzione che si fonda sull’individuazione anticipata del deterioramento delle condizioni di un asset industriale (data-driven) basata sui dati che la macchina stessa produce nel corso del suo funzionamento reale. Grazie a tale approccio si è in grado di determinare se è effettivamente necessario schedulare un intervento manutentivo, evitando sia i downtime che le manutenzioni inutili.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
INDICAZIONI PER SCEGLIERE I MACCHINARI ADATTI E PER FACILITARE LA RIPARAZIONE
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Una Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EPD) è un documento verificato e registrato in modo indipendente che comunica informazioni trasparenti e confrontabili sull’impatto ambientale del ciclo di vita dei prodotti in modo credibile. Una EPD è una cosiddetta dichiarazione ambientale di tipo III conforme allo standard ISO 14025.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
In ottica di economia circolare è possibile utilizzare materiale vergine per la parte esterna per mantenere l’estetica del prodotto e iniettarvi all’interno materiale riciclato della stessa tipologia (PET e R-PET). Questa soluzione è applicabile nei prodotti con spessori non sottili, in questi è possibile iniettarvi fino al 65% di materiale riciclato, con conseguente risparmio di materiale vergine, masterbatch e/o additivo.
FONTE: Plastic Metal
La co-iniezione è da sfruttare fra polimeri uguali in modo da poterli poi smaltire e riciclare adeguatamente. La necessità è che in fase di recupero del materiale i due film possano essere separati in modo da convogliarli in reparti differenti in fase di smaltimento e riciclaggio.
European Printing Ink Association (EUPIA) è un’associazione europea che fornisce delle linee guida sugli inchiostri da stampa in materia di sostenibilità.
Il REACH è un regolamento dell’Unione europea, adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche. Il REACH si applica in linea di principio a tutte le sostanze chimiche: non solo quelle utilizzate nei processi industriali, ma anche quelle di uso quotidiano, ad esempio i prodotti per la pulizia o le vernici, come pure quelle presenti in articoli quali indumenti, mobili ed elettrodomestici. Per tale motivo questo regolamento ha un impatto sulla maggioranza delle aziende presenti nell’UE. Il regolamento REACH attribuisce alle aziende l’onere della prova, pertanto le aziende, a norma del regolamento, devono identificare e gestire i rischi collegati alle sostanze che producono e commercializzano nell’Unione europea. Nel lungo termine le sostanze più pericolose devono essere sostituite con altre meno pericolose.
Sotto il profilo ambientale la decorazione IML consente di applicare sugli imballaggi una etichetta dello stesso materiale, agevolando lo smaltimento post-consumo.
Qualora le dimensioni delle etichette risultino al di sopra di specifici parametri di copertura della superficie, tali etichette vengono considerate coprenti e finiscono per compromettere la lettura del polimero con cui è realizzato il corpo principale, impedendone una corretta selezione. I lettori ottici, infatti, identificano il polimero della superficie del corpo principale per procedere così alla separazione degli imballaggi da avviare al corretto flusso di riciclo; tutto ciò che non viene selezionato dallo stream principale è indirizzato ad altri flussi o rappresenta uno scarto. Per ottimizzare la riciclabilità, è quindi preferibile utilizzare etichette non coprenti, da intendersi come segue:
Il concetto di facilitazione delle attività di riciclo viene introdotto da Conai come una delle leve di prevenzione. Tale facilitazione si ottiene in tutte le innovazioni volte a semplificare le fasi di recupero e riciclo del packaging, come la realizzazione di prodotti monomateriali o la separabilità delle diverse componenti (es. etichette, chiusure ed erogatori, ecc.).
È proprio per questo motivo che l’intervento accorto dei progettisti diventa fondamentale per rendere la produzione sempre più aderente alle richieste dell’economia circolare nella quale i “rifiuti” di un processo produttivo diventano “cibo” per lo stesso o un altro processo, con benefici non solo ambientali, ma anche evidenti vantaggi economici e di ottimizzazione dell’uso delle risorse/tempi/attività.
L’Ecological Footprint è un indice che mette in relazione il consumo di risorse da parte dell’uomo con la capacità della geosfera/biosfera di rigenerarle, valutando quale “area biologicamnete produttiva” del pianeta è necessaria per rigenerare le risorse consumate e assorbire i rifiuti prodotti.
Il Carbon Footprint è una misura che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente a un prodotto, un’organizzazione o un servizio.
Il Water Footprint è un indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l’uso diretto che indiretto di acqua da parte di un consumatore o di un produttore.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Dal punto di vista interno all’azienda:
Dal punto di vista esterno:
L’EMAS (Enviromental management and audit scheme) indica la conformità di un’impresa o di un sito a quanto disposto dal Regolamento Europeo n.1221/2009. È uno strumento a base volontaria al quale possono aderire le organizzazioni (sia aziende sia enti pubblici) e i siti che intendono valutare e implementare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico informazioni in merito ad esse. Questo regolamento mira a promuovere miglioramenti continui delle prestazione ambientali delle organizzazioni mediante: il continuo miglioramento delle proprie prestazioni ambientali, dell’attiva partecipazione dei dipendenti e della trasparenza con le istituzioni e il pubblico.
Il GPP definito dalla Commissione Europea come l’approccio in base al quale le amministrazioni pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta delle soluzioni con il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita (produzione, utilizzo, smaltimento) del bene o servizio.
I criteri ambientali minimi (CAM) sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo d’acquisto, volti ad individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della responsabilità di mercato.
La blockchain, un insieme di tecnologie che si basa su un sistema decentralizzato di informazioni che vengono registrate in un database (digital ledger) e condivise all’interno di una community (pubblica o privata), è molto utile per rafforzare la tracciabilità dei prodotti. I vari anelli della catena possono avere accesso anche alle informazioni delle fasi precedenti, che hanno la caratteristica di essere immutabili.
FONTE: Blockchain, la sfida per il futuro – podcast della giornalista Silvia Gambi
Un altro servizio utile per poter controllare i propri prodotti una volta usciti dalla produzione sono i processi condivisi ECR; nascono dal dialogo e dal confronto tra industria e distribuzione e hanno come obiettivo l’efficienza e l’innovazione nella filiera.
Lo Standard ISCC Plus ha natura volontaria e permette alle aziende della filiera di monitorare e dimostrare la sostenibilità dei propri prodotti attraverso il controllo di requisiti di sostenibilità, di tracciabilità e del bilancio di massa dell’intero sistema.
Il software di gestione dell’energia (EMS) è un termine e una categoria generale che si riferisce a una varietà di applicazioni software relative all’energia che possono fornire: il monitoraggio delle bollette; la misurazione in tempo reale; i sistemi di controllo dell’illuminazione e HVAC degli edifici; la simulazione e la modellazione degli edifici; il rapporto sul carbonio e sulla sostenibilità; la gestione delle apparecchiature IT, risposta alla domanda e / o audit energetici. Il software di gestione dell’energia fornisce spesso strumenti per ridurre i costi e il consumo di energia per edifici, comunità o industrie. EMS raccoglie i dati energetici e li utilizza per tre scopi principali: reporting, monitoraggio e coinvolgimento. La rendicontazione può includere la verifica dei dati energetici, l’analisi comparativa e la definizione di obiettivi di riduzione del consumo energetico di alto livello. Il monitoraggio può includere l’analisi delle tendenze e il monitoraggio del consumo di energia per identificare le opportunità di risparmio sui costi.
RECS International è una fondazione senza scopo di lucro che rappresenta gli attori del mercato elettrico. Lavorando con i membri dall’Europa e da tutto il mondo, hanno lo scopo di creare un mercato delle energie rinnovabili aperto e trasparente guidato dalla domanda, facilitato da sistemi di tracciamento comunemente accettati e armonizzati. RECS International si impegna con legislatori, decisori politici, regolatori e operatori di sistema per sostenere che mercati efficaci delle energie rinnovabili possono aiutare ad accelerare la transizione energetica e, quindi, dare un importante contributo alla lotta al cambiamento climatico.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
ENEA ha brevettato un nuovo processo a basso consumo energetico e ridotto impatto ambientale per il recupero dei principali componenti dei pannelli fotovoltaici in silicio cristallino a fine vita.
EPEAT® è un marchio volontario di sostenibilità di tipo 1 che aiuta gli acquirenti a identificare prodotti e servizi tecnologici sostenibili. Al centro del programma ci sono attività di garanzia della conformità che soddisfano il rigore tecnico e le esigenze di credibilità degli acquirenti istituzionali. EPEAT assicura la conformità dei prodotti registrati attraverso un processo di sorveglianza continuo. Le attività di monitoraggio si verificano durante tutto l’anno e testano la capacità dei produttori partecipanti di dimostrare la conformità ai criteri.
La produzione combinata di calore, raffreddamento ed energia (CHCP) è uno dei metodi più interessanti per aumentare l’efficienza globale del sistema fornendo il fabbisogno di energia elettrica e termica sia in inverno che in estate, e allo stesso tempo riducendo le emissioni di CO2. L’aumento dell’efficienza globale è legato all’uso del calore di scarto che può essere utilizzato anche per produrre energia di raffreddamento per mezzo di un refrigeratore ad assorbimento.
FONTE: G. Caruso, L. De Santoli, F. Gianminuti, P. Sodani, A CHCP system constituted by a microturbine and an exhaust absorption chiller, Research Gate, Università di Roma “La Sapienza”, 2014
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
Il sistema di raffreddamento libero degli ambienti va a sfruttare la sola differenza di temperatura con l’ambiente esterno, vale a dire l’entalpia. Il free cooling non ha bisogno di sistemi di refrigerazione particolare oppure di ventole ossia macchine attive che vadano ad agevolare lo scambio termico: esso, infatti, sfrutta la temperatura esterna senza dover sprecare energia. Utilizzare un impianto free cooling incide positivamente sul fronte del risparmio energetico: questo sistema, infatti, non sfrutta l’energia elettrica nel processo di raffreddamento dell’aria.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
La Water Footprint, o “impronta idrica”, rappresenta uno strumento efficace per misurare le quantità di acqua utilizzate nei processi produttivi ed è fondamentale per valutare gli impatti sull’ambiente causati da queste attività.
FONTE: Laura Mancini, Marcella Marletta, Luca Avellis, Silvana Caciolli, Mario Carere, Filippo Chiudioni, Paola D’Alessandro, Anna Maria D’Angelo, Mario Figliomeni, Ines Lacchetti, Camilla Puccinelli, Stefania Marcheggiani, Pina Parnofiello, Cristina Romanelli, Elisabetta Volpi, Fabrizio Volpi, Cinzia Ferrari, Produzione industriale dei dispositivi medici e decalogo del risparmio idrico, Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità, 2020
E’ uno standard che supporta le aziende o enti nella valutazione, miglioramento e comunicazione dei risultati e degli sforzi in ambito della sostenibilità del water management tramite alcune politiche chiave: evitare rischi connessi all’acqua; ridurre i costi legati all’acqua (uso, gestione); arrivare a soddisfare e comprendere le leggi in materia della gestione idrica; scoprire ed indagare benefici legati a nuove opportunità di business; comunicare all’esterno il livello di water performance; istruire in materia per diffondere la conoscenza in materia.
WATER FOOTPRINT
La Water Footprint, o “impronta idrica”, rappresenta uno strumento efficace per misurare le quantità di acqua utilizzate nei processi produttivi ed è fondamentale per valutare gli impatti sull’ambiente causati da queste attività.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
La responsabilità estesa del produttore è una strategia che consiste nell’assegnare al produttore la responsabilità durante l’intero ciclo di vita dei prodotti e degli imballaggi introdotti sul mercato. Ciò può assumere la forma di una legislazione che imponga ruoli, responsabilità e risultati del settore privato per il finanziamento e il funzionamento di sistemi progettati per recuperare gli imballaggi post-consumo.
La simbiosi industriale è un processo in cui i prodotti di scarto e i sottoprodotti di un’azienda o di un’attività industriale diventano materie prime per un’altra azienda o per un altro processo produttivo: in questo modo è possibile creare rapporti di interdipendenza dove energia, rifiuti ed expertise, circolano continuamente senza la realizzazione di scarti, in analogia a quanto accade negli ecosistemi naturali.
Misure studiate attraverso una logistica ex ante che riducono: la quantità dei rifiuti anche attraverso il riutilizzo dei prodotti e l’estensione del loro ciclo di vita, gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana.
FONTE: Direttiva 2008/98/CE art. 3 comma 12 a,b,c, del parlamento Europeo e del consiglio, 19 novembre 2008, i rifiuti, Gazzetta ufficiale n. 205, 3/12/2010
I criteri End of Waste (EoW) specificano quando determinate categorie di rifiuti cessano di essere rifiuti ed ottengono lo status (giuridico) di prodotto (o di materia prima seconda). Ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, alcuni rifiuti specifici cessano di essere tali quando vengono sottoposti ad un’operazione di recupero (compreso il riciclaggio) e sono conformi a criteri specifici, in particolare:
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
La logistica inversa, o logistica di ritorno, si definisce come il processo che muove i prodotti dal luogo di consumo al loro punto di origine, allo scopo di recuperare il valore e procedere a uno smaltimento corretto. Comprende la raccolta dei prodotti, il trasporto verso centri di raccolta e lo smistamento in base alla destinazione finale, ad es. il recupero, il riutilizzo o il riciclaggio.
La circolarità può realizzarsi con modelli diretti mirati a prolungare il ciclo di vita dei prodotti: è il caso del toll-manufacturing, che recupera flussi di solventi esausti dalla chimica farmaceutica per restituirli alla stessa azienda, in un rapporto di stretta partnership non solo contrattuale, dopo purificazione attraverso evolute fasi di distillazione. Inoltre, vi è possibilità di valorizzare reflui organici di diversa provenienza per ingegnerizzare nuovi prodotti destinati alla commercializzazione su altri mercati, in termini sia di segmento industriale che geografici. Infine, per alcuni operatori del settore, la circolarità può trovare ulteriore razionalizzazione, in una logica di servizio esteso, nella fornitura di prodotti da distillazione di frazioni petrolifere vergini a segmenti di mercato e aziende dalle quali si ritirano quantitativi ancora più significativi di reflui da rigenerare e valorizzare.
Cradle to Cradle Certified ™ è una misura riconosciuta a livello mondiale di prodotti più sicuri e sostenibili realizzati per l’economia circolare. Le categorie di valutazione della certificazione sono: material health, riutilizzo dei materiali, energia rinnovabile e uso del carbonio, gestione idrica, equità sociale.
Cradle to Cradle Certified ™ è una misura riconosciuta a livello mondiale di prodotti più sicuri e sostenibili realizzati per l’economia circolare. Le categorie di valutazione della certificazione sono: material health, riutilizzo dei materiali, energia rinnovabile e uso del carbonio, gestione idrica, equità sociale.
I moderni impianti di cogenerazione (impianti CHP, impianti di produzione combinata di energia e calore) usano i rifiuti in plastica insieme ad altri materiali ad alto valore calorifico, offrendo una preziosa fonte di calore ed energia in grado di coprire fino al 10% del fabbisogno energetico di alcuni Paesi della UE. Inoltre, i combustibili solidi secondari (CSS/SRF), prodotti dalle materie plastiche e da altri rifiuti solidi, sono sempre più usati dalle centrali termoelettriche oltre che da una serie di settori ad alta intensità energetica e permettono di ridurre la richiesta di combustibili fossili vergini.
I partner di PRS Green Label consentono di ridurre l’impronta di carbonio e i rifiuti di imballaggio e promuovere il riutilizzo, approfittando allo stesso tempo dei benefici dei pallet di legno provenienti da fonti sostenibili certificate (PEFC o FSC).
Il vantaggio che le imprese possono ottenere dall’economia circolare risiede nel bilancio tra il miglioramento dell’efficienza di uso delle risorse e gli eventuali oneri aggiuntivi nella gestione dei cicli inversi. In un sistema circolare, infatti, i prodotti e le risorse vengono mantenuti in uso più a lungo attraverso il recupero, il riutilizzo, la riparazione, la rigenerazione e il riciclo. Vanno, inoltre, dedotti i costi corrispondenti alle esternalità ambientali negative, le quali vengono ridotte grazie alla circolarità. Altro aspetto da considerare è quello dell’innovazione: la progettazione per prodotti e per modelli di business circolari funge, infatti, da un forte stimolo per l’innovazione da parte delle aziende.
L’utilizzo di materiali di scarto, destinati ad essere gettati, per creare nuovi oggetti dal valore maggiore del materiale originale. Questo processo può avvenire in due modi: migliorare la qualità intrinseca del prodotto e /o migliorare il valore sociale del prodotto.
FONTE: Articolo
L’utilizzo di materiali di scarto, destinati ad essere gettati, per creare nuovi oggetti dal valore maggiore del materiale originale. Questo processo può avvenire in due modi: migliorare la qualità intrinseca del prodotto e /o migliorare il valore sociale del prodotto.
FONTE: Articolo
Il downcycling converte il materiale in qualcosa che possiede meno valore di quanto non avesse in origine. Il downcycling ricicla il materiale in una sostanza di qualità inferiore, che viene quindi utilizzata per creare un prodotto di qualità inferiore. Ciò è spesso dovuto al fatto che la natura del materiale gli impedisce di mantenere le sue precedenti caratteristiche una volta rielaborato, pertanto, il downcycling non reinserisce il materiale nel suo ciclo originale.
Tramite questo processo è possibile dare sia una nuova vita a un materiale che chiunque vedrebbe come un rifiuto, ma oltre a questo l’obiettivo è dargli maggiore qualità. L’azione di rigenerare porta numerosi benefici. Ecco quali:
Le valutazioni dell’EFSA riguardano esclusivamente la sicurezza di processi di riciclaggio meccanici in cui le plastiche usate vengono raccolte, ridotte in piccole scaglie e decontaminate, prima di essere trasformate in nuovi materiali da utilizzare nella catena alimentare. Le plastiche raccolte utilizzate nel riciclaggio meccanico, infatti, potrebbero essere state precedentemente contaminate con sostanze chimiche non adatte per applicazioni a contatto con gli alimenti. I produttori devono dimostrare che il loro processo è in grado di ridurre i contaminanti chimici della plastica riciclata a un livello tale che la potenziale migrazione di eventuali residui chimici non presenti alcun rischio per la salute umana.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
L’utilizzo di materiali di scarto, destinati ad essere gettati, per creare nuovi oggetti dal valore maggiore del materiale originale. Questo processo può avvenire in due modi: migliorare la qualità intrinseca del prodotto e /o migliorare il valore sociale del prodotto.
FONTE: Articolo
Il downcycling converte il materiale in qualcosa che possiede meno valore di quanto non avesse in origine; la sua funzione è riciclare il materiale in una sostanza di qualità inferiore, che viene quindi utilizzata per creare un prodotto di qualità inferiore. Ciò è spesso dovuto al fatto che la natura del materiale gli impedisce di mantenere le sue precedenti caratteristiche una volta rielaborato, pertanto, il downcycling non reinserisce il materiale nel suo ciclo originale.
Il riciclo meccanico è la tipologia di riciclo che siamo abituati ad immaginare quando pensiamo a questa fase di vita del prodotto. Il riciclaggio meccanico utilizza tipicamente tecnologie che conservano la forma fisica originale della plastica (in questo caso) usata; ovvero, il materiale plastico (resina) rimane per lo più lo stesso durante il riciclaggio meccanico. Le plastiche utilizzate vengono tipicamente selezionate, pulite, sminuzzate, fuse e quindi riestruse in pellet di plastica. Questi pellet di materia prima seconda vengono quindi utilizzati in nuovi imballaggi in plastica e altri prodotti.
L’Advanced Recycling della plastica, chiamato anche riciclo chimico, si riferisce a diverse tecnologie che convertono la plastica post-utilizzo nei loro elementi costitutivi originali: polimeri speciali, materie prime per nuove plastiche, carburanti, cere e altri prodotti di valore.Il riciclo chimico in genere altera la forma fisica della plastica usata, dissolvendo la plastica con sostanze chimiche o utilizzando il calore per scomporre la plastica nei componenti originali. I risultati sono materie plastiche in una forma purificata o prodotti chimici e materie prime che vengono poi utilizzati per creare nuove materie plastiche, combustibili o altri prodotti.
La New Plastic Economy vision formulata dalla Ellen MacArthur Foundation pone l’attenzione sul tema della plastica, promuovendo una visione circolare per questo materiale al fine di considerarla una risorsa e non un problema. I punti chiave della vision sono tre: eliminare tutti gli oggetti in plastica problematici e non necessari; innovare per garantire che la plastica di cui abbiamo bisogno sia riutilizzabile, riciclabile o compostabile; rendere circolari tutti gli articoli di plastica che utilizziamo ad oggi per mantenerli nell’economia e fuori dall’ambiente.
Imballaggi o prodotti riportanti il marchio OK compost INDUSTRIAL sono garantiti come biodegradabili in un impianto di compostaggio industriale. Questo vale per tutti i loro componenti, inchiostri e additivi. Il solo riferimento per il programma di certificazione è la norma armonizzata EN 13432:2000. In ogni caso, qualsiasi prodotto recante il logo OK compost INDUSTRIAL è conforme ai requisiti della direttiva europea sugli imballaggi (94/62/CE).
OK compost HOME garantisce la completa biodegradabilità alla luce di specifiche esigenze, anche nella compostiera da giardino.
Il Marchio Compostabile CIC è garanzia di qualità poiché si fonda sul principio di idoneità alla compostabilità. Un materiale o un prodotto in bioplastica o in carta è detto compostabile quando, al termine del suo processo di degradazione si trasforma in compost.
Biorepack è il nuovo consorzio (sistema di responsabilità estesa del produttore) per la gestione a fine vita degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificati conformi alla norma standard EN 13432. Si colloca all’interno del sistema CONAI come nuovo consorzio di filiera, il compito del Consorzio è l’avvio a riciclo, nel circuito della raccolta differenziata della frazione organica, degli imballaggi che a fine vita sono trasformati, con specifico trattamento industriale, in compost.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
La New Plastic Economy vision formulata dalla Ellen MacArthur Foundation pone l’attenzione sul tema della plastica, promuovendo una visione circolare per questo materiale al fine di considerarla una risorsa e non un problema. I punti chiave della vision sono tre: eliminare tutti gli oggetti in plastica problematici e non necessari; innovare per garantire che la plastica di cui abbiamo bisogno sia riutilizzabile, riciclabile o compostabile; rendere circolari tutti gli articoli di plastica che utilizziamo ad oggi per mantenerli nell’economia e fuori dall’ambiente.
Biorepack è il nuovo consorzio (sistema di responsabilità estesa del produttore) per la gestione a fine vita degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificati conformi alla norma standard EN 13432. Si colloca all’interno del sistema CONAI come nuovo consorzio di filiera, il compito del Consorzio è l’avvio a riciclo, nel circuito della raccolta differenziata della frazione organica, degli imballaggi che a fine vita sono trasformati, con specifico trattamento industriale, in compost.
Le materie plastiche bio-based compostabili sono progettate per degradarsi in condizioni specifiche all’interno di impianti dedicati e non dovrebbero finire in discarica, dove potrebbero addirittura contribuire alla formazione di metano. Inoltre, il consumatore, che deve occuparsi della separazione delle varie frazioni, non è esperto di polimeri: materiali come il PLA, visivamente molto simili ai corrispondenti a base fossile come polistirene o polipropilene, finiscono solitamente “nella plastica” e sono quindi soggetti a percorsi simili a quelli delle materie plastiche tradizionali. Tant’è che gli sviluppi del PLA, oggi tra i biopolimeri più diffusi, puntano in direzione della riconversione verso la riciclabilità. In una prospettiva di circolarità, quindi, l’utilizzo di un materiale bio-based biodegradabile, compostabile o riciclabile è una scelta che va effettuata tenendo in considerazione l’intero ciclo di vita: da dove proviene la materia, come viene trasformata e, soprattutto, a quali impieghi è destinata.
FONTE: Anna Pellizzari e Emilio Genovesi, Neomateriali 2.0 nell’economia circolare, Edizioni Ambiente, Milano, 2021
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
La biodegradabilità nel suolo offre enormi benefici per i prodotti agricoli e orticoli, in quanto possono essere lasciati a decomporsi in situ dopo l’uso. Il marchio OK biodegradable SOIL garantisce che un prodotto sia completamente biodegradabile nel suolo senza effetti negativi nell’ambiente.
Biorepack è il nuovo consorzio (sistema di responsabilità estesa del produttore) per la gestione a fine vita degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificati conformi alla norma standard EN 13432. Si colloca all’interno del sistema CONAI come nuovo consorzio di filiera, il compito del Consorzio è l’avvio a riciclo, nel circuito della raccolta differenziata della frazione organica, degli imballaggi che a fine vita sono trasformati, con specifico trattamento industriale, in compost.
FONTE: Carlo Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Progettare il ciclo di vita dei prodotti, Zanichelli, Bologna, 2017
INCOVER è un progetto collaborativo finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. Mira a sviluppare tecnologie innovative e sostenibili per un trattamento delle acque reflue basato sul recupero delle risorse. Le soluzioni INCOVER hanno permesso di recuperare energia (biometano) e bioprodotti (bioplastiche, acidi organici, biofertilizzanti, biochar, acqua di irrigazione) dalle acque reflue municipali, industriali e agricole, riducendo al contempo i costi complessivi di funzionamento e manutenzione del trattamento delle acque reflue.
La simbiosi industriale è un processo in cui i prodotti di scarto e i sottoprodotti di un’azienda o di un’attività industriale diventano materie prime per un’altra azienda o per un altro processo produttivo: in questo modo è possibile creare rapporti di interdipendenza dove energia, rifiuti ed expertise, circolano continuamente senza la realizzazione di scarti, in analogia a quanto accade negli ecosistemi naturali.
L’EMAS (Enviromental management and audit scheme) indica la conformità di un’impresa o di un sito a quanto disposto dal Regolamento Europeo n.1221/2009. È uno strumento a base volontaria al quale possono aderire le organizzazioni (sia aziende sia enti pubblici) e i siti che intendono valutare e implementare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico informazioni in merito ad esse. Questo regolamento mira a promuovere miglioramenti continui delle prestazione ambientali delle organizzazioni mediante: il continuo miglioramento delle proprie prestazioni ambientali, dell’attiva partecipazione dei dipendenti e della trasparenza con le istituzioni e il pubblico.
I composti organici volatili (COV) – benzene, acetone, toluene, stirene – sono utilizzati come solventi, disperdenti, correttori di viscosità, plastificanti, conservanti o agenti di pulizia in molte attività industriali (preparazione di coloranti, vernici, resine sintetiche, materie plastiche, prodotti farmaceutici, detersivi, insetticidi, fibre artificiali, esplosivi). Recenti rapporti sanitari [USEPA, 1995] hanno messo in evidenza che questi composti rappresentano una fonte di rischio per la salute umana. Per questo motivo, i COV vengono utilizzati in aree confinate dove sono previsti opportuni sistemi di aspirazione per la captazione dei vapori. I vapori, una volta trattati per recuperare i materiali, sono convogliati verso dispositivi di abbattimento prima di essere dispersi in atmosfera. La riduzione delle emissioni di COV imposta dalle normative risponde all’esigenza di maggiore sicurezza e salvaguardia della salute negli ambienti di lavoro e nelle zone limitrofe più probabilmente esposte alle emissioni. Le vie percorribili per raggiungere questo obiettivo sono due:
– ridurre le emissioni alla sorgente, individuando i processi che permettono di aumentare l’intensità di utilizzo delle risorse (riducendo gli sprechi e riutilizzando i materiali) secondo l’ottica della cleaner production [European Environment Agency, 1999];
– utilizzare sistemi di abbattimento a valle del processo produttivo (end of pipe technologies), identificando le apparecchiature più adatte, in termini di costi e prestazioni, per la captazione e l’abbattimento delle sostanze inquinanti presenti nell’effluente gassoso [Benitez, 1993].
FONTE: M. Campolo*, S. Rivilli e A. Soldati, ANALISI COSTO-EFFICIENZA DI IMPIANTI PER L’ABBATTIMENTO DI COV (COMPOSTI ORGANICI VOLATILI), IA Ingegneria Ambientale vol. XXXIII n. 5 maggio 2004
Il REACH è un regolamento dell’Unione europea, adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche. Il REACH si applica in linea di principio a tutte le sostanze chimiche: non solo quelle utilizzate nei processi industriali, ma anche quelle di uso quotidiano, ad esempio i prodotti per la pulizia o le vernici, come pure quelle presenti in articoli quali indumenti, mobili ed elettrodomestici. Per tale motivo questo regolamento ha un impatto sulla maggioranza delle aziende presenti nell’UE. Il regolamento REACH attribuisce alle aziende l’onere della prova, pertanto le aziende, a norma del regolamento, devono identificare e gestire i rischi collegati alle sostanze che producono e commercializzano nell’Unione europea. Nel lungo termine le sostanze più pericolose devono essere sostituite con altre meno pericolose.
Il REACH è un regolamento dell’Unione europea, adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche. Il REACH si applica in linea di principio a tutte le sostanze chimiche: non solo quelle utilizzate nei processi industriali, ma anche quelle di uso quotidiano, ad esempio i prodotti per la pulizia o le vernici, come pure quelle presenti in articoli quali indumenti, mobili ed elettrodomestici. Per tale motivo questo regolamento ha un impatto sulla maggioranza delle aziende presenti nell’UE. Il regolamento REACH attribuisce alle aziende l’onere della prova, pertanto le aziende, a norma del regolamento, devono identificare e gestire i rischi collegati alle sostanze che producono e commercializzano nell’Unione europea. Nel lungo termine le sostanze più pericolose devono essere sostituite con altre meno pericolose.
Documento a carattere divulgativo utile a comunicare ai vari stakeholders le informazioni quantitative e qualitative sulla relazione tra l’attività produttive dell’azienda e l’ambiente naturale. Ricopre i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell’impresa, descrivendo almeno: il modello aziendale di gestione ed organizzazione delle attivita’ dell’impresa, le politiche praticate dall’impresa, l’utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l’impiego di risorse idriche, e emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera, l’impatto ambientale, aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale.
FONTE: DECRETO LEGISLATIVO 30 dicembre 2016, n. 254 art3, (GU Serie Generale n.7 del 10-01-2017)
Metodo di determinazione dell’impronta ambientale dei prodotti. Il suo obiettivo è fornire un metodo comune per misurare e comunicare il potenziale impatto ambientale nel corso del ciclo di vita di un prodotto.
FONTE: in riferimento al sito e le linee guida
Essa rappresenta la possibilità di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra in modo da avere un impatto climatico pari a zero
La carbon footprint è una misura che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio.
Il life cycle thinking (LCT) è un approccio di progettazione innovativo e sostenibile che che va oltre la semplice analisi del processo produttivo di un prodotto poichè spinge ad analizzare gli impatti ambientali, economici e sociali durante l’intero ciclo di vita. Dalle operazioni – come per esempio la produzione, il trasporto e lo smaltimento – alle risorse utilizzate per realizzare il prodotto, così da permettere a consumatori, fornitori di servizi, progettisti e produttori di operare scelte oculate tenendo conto degli aspetti ambientali nel lungo termine. L’obiettivo del Life Cycle Thinking è quello di portare a una riduzione e ottimizzazione delle risorse utilizzate nel ciclo di vita di un prodotto, nonché a un abbassamento delle emissioni inquinanti e allo stesso tempo al miglioramento delle prestazioni socio-economiche del prodotto.
Il life cycle thinking (LCT) è un approccio di progettazione innovativo e sostenibile che che va oltre la semplice analisi del processo produttivo di un prodotto poichè spinge ad analizzare gli impatti ambientali, economici e sociali durante l’intero ciclo di vita. Dalle operazioni – come per esempio la produzione, il trasporto e lo smaltimento – alle risorse utilizzate per realizzare il prodotto, così da permettere a consumatori, fornitori di servizi, progettisti e produttori di operare scelte oculate tenendo conto degli aspetti ambientali nel lungo termine. L’obiettivo del Life Cycle Thinking è quello di portare a una riduzione e ottimizzazione delle risorse utilizzate nel ciclo di vita di un prodotto, nonché a un abbassamento delle emissioni inquinanti e allo stesso tempo al miglioramento delle prestazioni socio-economiche del prodotto.
Il life cycle thinking (LCT) è un approccio di progettazione innovativo e sostenibile che che va oltre la semplice analisi del processo produttivo di un prodotto poichè spinge ad analizzare gli impatti ambientali, economici e sociali durante l’intero ciclo di vita. Dalle operazioni – come per esempio la produzione, il trasporto e lo smaltimento – alle risorse utilizzate per realizzare il prodotto, così da permettere a consumatori, fornitori di servizi, progettisti e produttori di operare scelte oculate tenendo conto degli aspetti ambientali nel lungo termine. L’obiettivo del Life Cycle Thinking è quello di portare a una riduzione e ottimizzazione delle risorse utilizzate nel ciclo di vita di un prodotto, nonché a un abbassamento delle emissioni inquinanti e allo stesso tempo al miglioramento delle prestazioni socio-economiche del prodotto.
La carbon footprint è una misura che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio.
AZIENDE PIÙ VIRTUOSE
Hanno prodotti zero carbon footprint, hanno ridotti del 40% facendo una linea di bicchieri di plastica e sali naturali. Hanno ridotto del 15% scegliendo una tecnologia water based.
PERCENTUALE ITALIANA DI APPLICAZIONE
23,15%
Hanno ridotto di 485.000 tonnellate di emissioni di CO2 all’anno e in altri casi del 65%.
0,93%
Hanno ridotto l’impatto ambientale con la scelta di utilizzo di materie prime, PE, PP, la scelta dei prodotti, tramite soluzioni di packaging, ecodesign e tecniche produttive.
13,43%
Vengono ridotti grazie ad un sistema di ricircolo.
0,93%
Utilizzano un impianto di depurazione.
0,46%
Utilizzano un impianto di depurazione chimico-fisico e biologico.
0,93%
Utilizzano dei masterbatches bio che accelerano del 99% il processo di biodegradazione e utilizzano materiali come il Master-Bi e il biolene.
13,43%
15,74%
Utilizzano il Master-Bi.
15,74%
Non utilizzano metalli pesanti, producono poliuretano realizzato con sola acqua tramite VPF, vi è un’assenza di Carbon Black. Utilizzano polimeri come: PP, PET, PE, PEHD preferendo prodotti in monomateriale.
23,15%
Vengono riciclate 13 milioni di bottiglie al giorno e riciclano 200.000 ton/anno di imballaggi in plastica post-consumo.
23,61%
Hanno a disposizione fino a 4 impianti, 6 silos miscelatori, arrivano a rigenerare 500.000 tonnellate di PVC, rigenerano scarti di produzione da industrie trasformatrici. Vengono rigenerati materiali come: LDPE, PE, plastometri e PMMA. Vengono rigenerati materiali come: LDPE, PE, plastometri e PMMA.
5,09%
Riutilizzano i prodotti, riescono a riutilizzare fino al 99,8% degli scarti di produzione. Recuperano 150 tonnellate di solventi l’anno. Riescono a recuperare calore dai processi produttivi. Riutilizzano il packaging e i pallet, e sfruttano le Metal Box e il Cartonplast per il trasporto. Recuperano scarti di PVC da materiale composito, l’80% dei rifiuti totali nel 2019 sono stati recuperati e viene recuperato il 93% di materiale da smaltire.
16,67%
Creano un mix di PA e Pe e recuperano il 99% degli scarti. Vengono recuperati PVC da materiale composito, PVC e PP. Riciclano il 100% dei loro scarti e utilizzano gli scarti di: PE, PMMA post consumo e post industriale. Il 50% degli scarti vengono inviati ad impianti di termovalorizzazione per recupero energetico.
20,37%
Prelevano l’acqua dai pozzi, hanno un circuito chiuso e quindi un ricircolo e utilizzano le fosse di separazione degli idrocarburi per filtrare.
Risparmiano 599 milioni di litri d’acqua e dal 2010 hanno diminuito lo spreco del 15%.
Risparmiano il 65% di energia.
4,17%
Hanno un impianto di 4 pannelli fotovoltaici, producono 1.350.000 KWh/anno e 1165 KWp. Producono 1.327.060 KWh/anno. Producono il 75% del fabbisogno.
35,65%
35,65%
Tracciano i prodotti non conformi, il posto pallet, gli imballaggi, i rifiuti e il riciclo.
3,26%
Redigono dei documenti di valutazione del ciclo di vita del prodotto.
3,26%
4,17%
2,31%
Utilizzano il sistema di co-iniezione per evitare l’uso di collanti.
2,31%
Possiedono impianti di stampaggio full electric risparmiando mediamente il 40% dell’energia.
2,31%
1,39%
0,46%
MONOUSO 97,22%
DURATA ESTESA 2,78%
Utilizzano prodotti monomateria sfruttando PET, PE, PP ed eliminando componenti realizzati con altri materiali.
6,48%
Sono riuscite a realizzare un film multistrato separabile con una densità di < 1g / cm3.
1,38%
2,31%
Sono riuscite a ridurre il peso fino al 10%, il materiale fino al 15% e il volume fino al 70%.
11,11%
Viene utilizzato per ridurre gli impatti ambientali.
3,24%
Utilizzano PLA, PBS, PBSA, amido o zucchero, viscosa a base di legno, CPLA, BIOPET, Mater-Bi, PHA, PAP, canna da zucchero, PHB, bio polioli, biolene, 02 LDPE, BIO ECOVIO per i loro prodotti. Utilizzano PS + POLY-BI, ECOVIO + PLA PB-PLA, PB- PLAFL con una quantità che va dal 20% all’84% nei loro prodotti.
18,06%
Riescono a recuperare il 100% del post consumo. Si riforniscono dal consorzio CONIP.
PERCENTUALE ITALIANA DI APPLICAZIONE
27,31%
AZIENDE PIÙ VIRTUOSE
Utilizzano 100% RMMA e R-PET anche per prodotti a contatto con alimenti. Utilizzano mix PA e PE, e PL da bottiglie di plastica e bio polioli.
PERCENTUALE ITALIANA DI APPLICAZIONE
27,31%
Utilizzano 100% RMMA, 100% plastica post consumo, 100% di R-PET anche per i prodotti a contatto con gli alimenti. Vengono sfruttati dal 10% al 100% diversi materiali come ABS, R-PE, Mix PA e PE, R-HDPE, R-LDPE, vetro resina e in alcuni casi sono forniti dal CONIP. Viene utilizzato fino al 50% polimero riciclato premium e fino al 70% di R-PET. Il PLA viene ricavato da bottiglie di plastica e bio polioli. Fino al 30% del PE viene usato per gli imballaggi, fino al 50% di PE viene ricavato da scarti industriali, fino al 70% di materia prima seconda viene ricavato da scarti di lavorazione, fino al 65% di materia prima seconda proviene dal post consumo, fino al 60% di materia prima seconda proviene dal post consumo e dal post industriale, fino al 50% di resine post consumo e post industriali vengono utilizzate per i prodotti.
27,31%
Utilizzano fino al 60% di plastica rigenerata sia post industriale che post consumo, da scarti di PMMA. Rigenerano HDPE, PVC, R-PE e utilizzano il 50% di polimero riciclato premium.
3,70%
+220 tonnellate di bioplastiche da fonti rinnovabili rispetto al 2018. Si riforniscono di bioplastica, PLA, canna da zucchero, cellulosa, amido, PE, oli vegetali da fonti rinnovabili e utilizzano l’energia dalle centrali idroelettriche.
13,43%
Usano il 90% di fonti biobased ricavando PE, PP e materiali alternativi.
4,63%
Università Iuav di Venezia, Good Plastic
Preferibilità ambientale dei prodotti in materiale plastico: informazioni, innovazioni e comunicazione – Codice progetto 2122-0009-1463-2019, Regione del Veneto – POR FSE 2014 – 2020 – Asse I Occupabilità – Innovazione e ricerca per un Veneto più competitivo – Assegni di ricerca Anno 2019 – DGR 1463 DEL 08/10/2019